Frequentavo la scuola superiore quando formammo con gli amici il primo gruppo musicale; ovviamente si partiva dalle cover, e mentre tutti proponevano brani rock di artisti quali Deep Purple o Led Zeppelin (alzi la mano chi non è stanco suonare Smoke on the water) la mia attenzione veniva catturata da qualcosa di più impegnativo: il progressive rock. Si trattava di un filone musicale caratterizzato da grande capacità tecnica, tempi spezzati, brani lunghissimi (in certi casi anche una facciata intera di album) ed un immaginario che per certi versi poteva anche essere considerato precursore del celtico o della new age. Suonando io il basso furono gruppi come Yes o Rush i prediletti, ma anche Gentle Giant, King Crimson e gli adorati Jethro Tull.
Il progressive rock è una vera trappola: una volta che sei abituato a certi standard diventa difficile che qualcosa di più semplice ti possa colpire allo stesso modo (ci ho messo un sacco di tempo prima di ammettere la grandezza dei Talking Heads, per esempio), ma è stata una palestra di fondamentale importanza per le mie capacità musicali. Una volta che ti sei allenato – per molto tempo, invero – sopra i dischi dei gruppi sopra citati ma anche di Kansas, Van der Graaf Generator o Genesis acquisisci una padronanza tale dello strumento da poter cimentarti in molti altri generi con estrema facilità.
Potremmo dire che tutti questi grandi gruppi avessero in comune la ricerca della bellezza, quindi un senso estetico davvero elevato; per quello, secondo me, non passeranno mai veramente di moda. Perchè sarà la bellezza a salvare il mondo di oggi. Per capire cosa intendo andate a sentire il brano NON MI ROMPETE del Banco del Mutuo Soccorso… Provate anche a sentire altri artisti italiani: Le Orme, PFM… Siamo da sempre un paese pieno di bellezze e fu secondo me normale che il genere progressive divenne molto popolare in Italia negli anni ’70.
In conclusione, vorrei approfittare di questo spazio per ringraziare tutti questi artisti i quali, grazie anche all’aiuto di discografici illuminati, lavoravano in totale e completa libertà, privi di vincoli di minutaggi radiofonici o di altro tipo. Da quella libertà sono nati tantissimi capolavori che hanno fatto la storia della musica; ed è a quella libertà che io, per quanto faccia parte della generazione successiva, cerco di fare riferimento quando suono, scrivo o produco musica.
Frequentavo la scuola superiore quando formammo con gli amici il primo gruppo musicale; ovviamente si partiva dalle cover, e mentre tutti proponevano brani rock di artisti quali Deep Purple o Led Zeppelin (alzi la mano chi non è stanco suonare Smoke on the water) la mia attenzione veniva catturata da qualcosa di più impegnativo: il progressive rock. Si trattava di un filone musicale caratterizzato da grande capacità tecnica, tempi spezzati, brani lunghissimi (in certi casi anche una facciata intera di album) ed un immaginario che per certi versi poteva anche essere considerato precursore del celtico o della new age. Suonando io il basso furono gruppi come Yes o Rush i prediletti, ma anche Gentle Giant, King Crimson e gli adorati Jethro Tull.
Il progressive rock è una vera trappola: una volta che sei abituato a certi standard diventa difficile che qualcosa di più semplice ti possa colpire allo stesso modo (ci ho messo un sacco di tempo prima di ammettere la grandezza dei Talking Heads, per esempio), ma è stata una palestra di fondamentale importanza per le mie capacità musicali. Una volta che ti sei allenato – per molto tempo, invero – sopra i dischi dei gruppi sopra citati ma anche di Kansas, Van der Graaf Generator o Genesis acquisisci una padronanza tale dello strumento da poter cimentarti in molti altri generi con estrema facilità.
Potremmo dire che tutti questi grandi gruppi avessero in comune la ricerca della bellezza, quindi un senso estetico davvero elevato; per quello, secondo me, non passeranno mai veramente di moda. Perchè sarà la bellezza a salvare il mondo di oggi. Per capire cosa intendo andate a sentire il brano NON MI ROMPETE del Banco del Mutuo Soccorso… Provate anche a sentire altri artisti italiani: Le Orme, PFM… Siamo da sempre un paese pieno di bellezze e fu secondo me normale che il genere progressive divenne molto popolare in Italia negli anni ’70.
In conclusione, vorrei approfittare di questo spazio per ringraziare tutti questi artisti i quali, grazie anche all’aiuto di discografici illuminati, lavoravano in totale e completa libertà, privi di vincoli di minutaggi radiofonici o di altro tipo. Da quella libertà sono nati tantissimi capolavori che hanno fatto la storia della musica; ed è a quella libertà che io, per quanto faccia parte della generazione successiva, cerco di fare riferimento quando suono, scrivo o produco musica.
non sono un musicista, non conosco la musica … la sento, ma non so dire il perché … distinguo i diversi generi, ma non li so definire … ho la tua età e, fino a qualche anno fa, cantavo (ci provavo) il progressive rock in un gruppo di “ragazzi” come noi … sottoscrivo ogni parola del tuo post … potrei, con la presunzione dell’istinto senza talento, averlo scritto io … è singolare (e forse soprannaturale) che questo genere di musica non ti lasci più libero e ti faccia apparire di un altro mondo … io non mi sono mai arreso, anzi, ho perseverato … anche dopo che i Marillion di Fish avevano resuscitato per tutti, ma solo per pochi istanti, il buon Peter Gabriel … poi Enchant e Pendragon e altri sconosciuti ai più …
… ero alla Rosa del Deserto, sabato 22 ottobre … non ti conoscevo, mi ha portato Gianfranco da Napoli … grandi musicisti, tu e Luca, grande concerto … sabato sera ho scoperto le origini della “mia” musica.
Mi permetto un consiglio: prova ad ascoltare SYMPHONIE CELTIQUE di Alan Stivell: quella è stata la prima traccia che ho trovato di territorio in comune tra musica celtica e prog.
E grazie per gli apprezzamenti.
hi hi hi
Riccardo sei rimasto “folgorato”… Sono soddisfazioni, queste.
Se penso che prima del concerto qualcuno mi predeva in giro (non tu, in verità): “a Gianfrà, ma che ce porti a vede un concerto de zufolo e zampogna?”
Scherzi a parte, concerto di grande godimento. Luca, una chitarra pulita e appassionata. Massimo, a un certo punto l’ho sentito svisare con la cornamusa, manco fosse una chitarra elettrica.
Grandi. Veramente.